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mercoledì 27 febbraio 2019

La Nuova Via della Seta – parte 2

di Gianni Fabbri

   
  La storia millenaria, tra mito e leggenda, della “Via Della Seta” oggi più che mai – essendo tornata d’attualità – continua ad affascinare, per l’alone di mistero e d’avventura che promana, un sentore di antico e moderno insieme che sorprende lettori e studiosi, allorché in piena globalizzazione, nel terzo Millennio, si fatica ad immaginare l’esistenza di una sorta di “globalizzazione arcaica”, tanto febbrile quanto misconosciuta, ignorata, non disegnata su alcuna mappa. Una lunghissima “Via” che si dipanava,  si districava, lungo sentieri, rotte, cammini impervi e insicuri, percorsi da carovaniere che animavano commerci, traffici, scambi di merci, ma anche di culture, religioni, arti e civiltà, di cui la “seta” divenne il simbolo.     Una strada, o meglio una rete di strade (“Belt and Road”), un fascio di percorsi terrestri e marittimi hanno spostato per secoli uomini, merci e conoscenze dall’estremita’ orientale dell’Asia sino al Mediterraneo e all’Europa, ciò che allora era Europa.
“Via Della Seta”, un’espressione “romantica” e recente che riporta il senso di un mondo vasto, per lo più sconosciuto, attraversato fin da tempi remoti da guerre e conflitti – la storia si ripete (!) A dirla con Giambattista Vico: “corsi e ricorsi storici” -,
ma, al contempo, animato dal fervore di scambi commerciali, culturali e politici.
Da Chang’an (Cina), a Samarcanda, Bukhara, Baghdad,Costantinopoli, Alessandria (Egitto), Roma… attraverso montagne, altipiani, fiumi, mari, sono transitati spezie, animali, pellami, tappeti, ceramiche, carta, cobalto, sale, e, naturalmente, la seta: un viaggio millenario che giunge fino al nostro presente. Perché la “Via Della Seta” non è solo un racconto del passato, ma ha a che fare con il nostro futuro globale.

“Nel grande mare della storia, il periodo di quella che definiamo egemonia occidentale riguarda più o meno cinquecento anni.
Un tempo piuttosto breve, se misurato col metro delle grandi civiltà; un tempo sufficiente, però, ad aver consentito una sorta di illusione ottica, secondo la quale l’Occidente, sarebbe sempre stato il
“motore delle vicende umane”.  In realtà, per un periodo lunghissimo la storia fu invece dell’Asia.
Prima dell’età moderna, l’Europa non era il maggior consumatore nel mercato globale. Era la Cina a dominare l’economia mondiale;
ed era l’Asia il cuore della civiltà.
– vedere “I primi illuministi parlavano arabo”, “Così, mentre l’Occidente attendeva il suo Rinascimento, l’Asia Centrale visse secoli di arti, cultura e tolleranza”, un ‘post’ già pubblicato sul nostro blog, ndr –
Per secoli e secoli mercanti, scienziati, poeti e predicatori percorsero le vie di quell’immenso continente facendone un luogo straordinario, coeso e creativo.
Oggi, di fronte alle trasformazioni globali in atto, ripercorrere quella lunga storia e’ diventato sempre più necessario. Per conoscere meglio il mondo, ovviamente, ma anche e soprattutto per  ritrovare una parte importante delle nostre radici. Perché la storia delle vie di traffico, degli scambi commerciali e culturali tra Europa e Asia e’ anche la nostra storia.”
(“La Via Della Seta” Una storia millenaria tra Oriente e Occidente.
Franco Cardini/Alessandro Vanoli – Società Editrice il Mulino)

“Cento motivi reclamano la partenza.
Si parte per entrare in contatto con altre identità umane.
Per riempire una mappa vuota.
Si ha la sensazione che quello sia il cuore del mondo…
Si parte per vedere quello che succederà.
Tuttavia, seguire la Via della Seta significa seguire un fantasma.
Si dipana attraverso il cuore dell’Asia.
Ma ufficialmente e’ scomparsa lasciandosi alle spalle
il tracciato della propria irrequietezza:
confini alterati, popoli non riportati sulle carte…
La Via si biforca e vaga ovunque voi siate.
Non è una sola strada, ma molte: una rete di scelte.
La mia si allunga per più di undicimila chilometri.
E di quando in quando si fa pericolosa.
(“Ombre sulla Via della Seta”, Colin Thubron – Ponte alla Grazie srl)

L’antica Via della Seta era un reticolo di itinerari o percorsi terrestri, fluviali, rotte marittime (oggi “Belt and Road”) che si sviluppava per più di 8.000 chilometri, lungo i quali si snodavano commerci, traffici che riguardavano anche la ‘seta’, ma soprattutto spezie, pellami, tappeti, pietre preziose, metalli e cloruro di sodio, sale, sale bianco cristallino che, oltre per la conservazione di carni e pesce, veniva utilizzato nella lavorazione dei metalli.
Le vie carovaniere collegavano l’Estremo Oriente, partendo da Chang’an (oggi Xi’an) una provincia del centro della Cina, con il Mediterraneo, e attraversavano l’Asia Centrale, l’Asia Minore, il Medio Oriente, approdando come ‘terminale’ a Bisanzio/Costantinopoli.
Come è già stato scritto la denominazione “Via Della Seta” non risale alla antichità e non è attribuibile ai Cinesi.  Apparve per la prima volta nel 1877, nell’opera “Tagebucher Aus China”(Diario dalla Cina) del geografo tedesco Ferdinand von Richthofen.
La seta cinese, di cui era ignota l’origine (animale, vegetale?), raggiungeva il Mediterraneo e di lì arrivava nelle dimore di Faraoni Egizi, sovrani Greci, imperatori e famiglie patrizie romane.
Altre merci, altrettanto preziose, viaggiavano in senso inverso, alimentando commerci impensabili, in una sorta di “globalizzazione” sorprendente anche per l’oggi; globalizzazione di cui non si aveva l’esatta percezione, estensione e dimensione, ma che alimentava anche la trasmissione di grandi idee, religioni, arte e cultura
– concetti fondamentali di matematica, geometria, astronomia… –
Questi scambi commerciali e culturali furono determinanti per il fiorire e lo sviluppo delle civiltà antiche: quella Egiziana, quella Cananea/Fenicia, quella Greca, quella Assiro/Babilonese, quella Persiana, quella Indiana, quella Cinese, e per la stessa Roma.
Commerci e traffici furono di grande importanza anche nel gettare le basi del Mondo Medievale e della modernità.

 Ai tempi di Erodoto – storico greco antico (484 a.C. – 430 a.C.) – 
l’Ecumene, la porzione della terra conosciuta e abitata dall’uomo che la considerava ‘piatta’, si limitava ai paesi che si affacciavano sul Mediterraneo e quelli limitrofi: a Oriente, era indicata l’India che… sfumava in un misterioso e sconosciuto “Catai” (Cina); a Occidente, il mondo abitato terminava alle mitiche “Colonne d’Ercole” (Stretto di Gibilterra); a Settentrione, erano indicate vagamente le terre dei Celti e dei popoli Germanici; a Meridione, era indicata la fascia costiera dei paesi africani; tutt’intorno, si estendeva “Oceano”, il mitico dio delle acque, nato dall’unione di Urano (il cielo) e di Gea (la Terra).

“A oriente del Mediterraneo
Quando è cominciato il tutto? Impossibile dirlo con certezza.
L’Asia era un sogno da sempre e molti erano i tracciati che conducevano a Est. Nessuna vera via, una rete di tappe piuttosto.
L’Asia era il luogo degli imperi e delle grandi civiltà. Le piane alluvionali della Mesopotamia, le terre percorse dai fiumi Tigri e Eufrate, avevano visto avvicendarsi alcune delle più importanti culture dell’antichità e con esse città, conoscenze e ricchezze.
Nel VI secolo a.C. in quel vasto territorio veniva fondato un regno che andava dalla Mesopotamia alla Media, sino alla Battriana, cioè più o meno dall’attuale Iraq sino all’Afghanistan.  La “terra dei re”, come definivano il regno i persiani, era divisa in province o satrapie…”
(“La Via Della Seta”, Cap. II – Franco Cardini/Alessandro Vanoli)

In questo mondo antico, “limitato” (!), la “Via Reale di Persia” si sviluppava per oltre 3.000 chilometri, dalla città di Ecbatan (attuale Hamadan, Iran) fino al porto di Smirne (oggi Izmir, Turchia), porto che si affacciava sul Mare Egeo nel Mediterraneo Orientale.
La “Via” era costellata di ‘caravanserragli’ o stazioni di posta, usati per la sosta delle carovane che attraversavano zone desertiche e territori impervi, ed erano provvisti anche di stanze e alloggiamenti per i viaggiatori, mercanti e pellegrini.
L’Impero Persiano antico era governato dalla dinastia Achemenide (discendenti di Achemene) ed era stato fondato da Ciro il Grande, al quale succedette Serse, indi Dario.
Oltre Ecbatan, altre città importanti dell’impero erano Babilonia, Susa (capitale amministrativa) e Persepoli, oggi sito archeologico famosissimo.
La  dinastia Achemenide favori’ i commerci dall’Asia al Mediterraneo, estendendo la rete dei traffici e provvedendo alla manutenzione e protezione della “Via”.
Per percorrerla interamente i mercanti e i viaggiatori comuni impiegavano circa tre mesi, mentre ai corrieri imperiali, con il cambio di cavalli freschi, erano sufficienti dieci giorni.
A Ecbatan, uno dei nodi strategici, si innestavano altre vie commerciali provenienti dalle Indie, dall’Asia centrale e, forse, anche dal lontano, misterioso e ignoto Catai.
Anche queste altre vie rientravano sotto la protezione dell’Impero Achemenide.
Ma fu sotto il macedone Alessandro Magno e l’impero da lui costituito che le comunicazioni tra Occidente e Oriente (e viceversa) divennero più consolidate e stabili. L’estensione del suo impero arrivava alla valle dell’Indo, comprendendo gli attuali Pakistan e Afghanistan.
Nel 329 a.C., Alessandro Magno fondo’ nell’odierno Tagikistan la città più remota del suo impero, che chiamo’ Alessandria Eschate, ovvero “Ultima Alessandria”.
L’influenza macedone/elleninistica, secondo Strabone (altro storico e geografo greco antico) arrivo’ ai limiti dell’Ecumene, oltre i quali si… favoleggiava sull’esistenza di un misterioso “Catai”.
Nel II secolo a.C., l’Asia Centrale vide dilagare gli Xong Nu, i futuri Unni che nel IV secolo d.C. si stanziarono nella Pannonia (attuale Ungheria), e che divennero tristemente famosi sotto il loro condottiero Attila.

“L’invasione degli Xong Nu in Asia Centrale preoccupava moltissimo anche i Cinesi, sicche’ nel 138 a.C. l’imperatore della dinastia Han invio’ l’ambasciatore Chang Ch’ien a Ovest a cercare alleanze difensive contro questa minaccia.
Il percorso dell’ambasciatore cinese era destinato a diventare il ramo settentrionale della “Via Della Seta”; ramo che costeggiava a Nord il Deserto Taklamakan, ai piedi dei “Monti del Cielo” – la Catena del Pamir -, e arrivava fino alle mitiche Samarcanda e Bukhara. Nel 126 a.C., quando l’ambasciatore cinese Chang Ch’ein fece ritorno in patria, percorse la via che costeggiava il Taklamakan sul lato opposto, a Sud, ai piedi della Catena dell’Himalaya-Karakorum, l’odierno Tibet, aprendo così un altro percorso della “Via”.
La relazione sull’Asia Centrale presentata al suo imperatore
– erano trascorsi tredici anni da quando era partito – fa di lui uno dei grandi esploratori del mondo passato, e a quei tempi servi’ come prezioso materiale conoscitivo per successive missioni e spedizioni”.
(Da “Strada Bianca per i Monti del Cielo – Vagabondo sulla Via della Seta e del feroce Mongolo”, Mario Biondi)

Fu probabilmente durante una di queste campagne che, nel 36 a.C., avvenne il primo incontro tra truppe cinesi e legionari romani(Storia, mito o leggenda?). Forse si trattava di legionari sbandati,  rimasti in loco dopo la sconfitta subita da Crasso a Carre
(53 a.C.) in Mesopotamia. Battaglia combattuta tra l’esercito della Repubblica Romana, all’epoca del Senatus PopolusQue Romanus (SPQR), di Cesare e Pompeo, e l’esercito dell’Impero dei Parti, della Persia antica. Fu una delle più grandi sconfitte subita da Roma e dai suoi legionari.
Secondo le cronache del tempo – o leggende? – potrebbero essere stati proprio i legionari sbandati del generale Marco Linicio Crasso a riportare in patria la ‘seta’. Gli stendardi branditi dai Parti, durante la battaglia di Carre, erano, infatti di questo tessuto pregiato.
Nel 97 d.C., il generale cinese Ban Chao al comando di un esercito di 70.000 uomini si spinse verso Occidente per una ennesima campagna contro gli Xong Nu (gli Unni).
La spedizione cinese arrivo’ ben oltre i territori dell’Impero dei Parti, fino a raggiungere l’attuale Ucraina. Gli Unni furono così costretti a ritirarsi nelle pianure ai confini (Limes) dell’Impero Romano, nella Pannonia, l’odierna Ungheria.

La Seta a Roma
“Velleraque ut foliis depectant tenuia
Seres…”
“Di come i Seri cardano col pettine
i sottili fili di seta dalle foglie…”
(Virgilio, “Georgiche”, II, 121)

“I Seri sono famosi per la sostanza lanosa che si ottiene dalle loro foreste (!) Dopo un’immersione nell’acqua, essi pettinano via la peluria bianca dalle foglie…”
(Plinio il Vecchio, “Storia Naturale”, 23,79)

Secondo altre fonti sarebbe stato Cesare – addirittura! – di ritorno da una spedizione in Anatolia, a portare a Roma alcune bandiere di uno “sfavillante tessuto” sconosciuto che suscitò nei Romani, soprattutto nelle famiglie patrizie, uno straordinario interesse. Il tessuto era la ‘seta’.
Si sapeva vagamente che quel tessuto nuovo veniva da una misconosciuta “terra dei Seri”, ma ignota ne era l’origine precisa: animale o vegetale?
Sta di fatto che la seta non era portata a Roma direttamente dai Seri (Cinesi), ma vi arrivava, con la intermediazione dei Parti (Persiani), dai mercanti delle mitiche e storiche città di Palmira (Siria) e di Petra (Giordania) che la portavano sulla riva del Mediterraneo, nei porti di Tiro, Sidone (Cananea/Fenicia, attuale Libano) e Antiochia (Anatolia, Turchia) e di lì, imbarcata su navi ‘onerarie’ romane, raggiungeva l’Urbe.

La seta cinese 
La vicenda della seta comincia in Cina, tanto nel mito, quanto nella storia. All’inizio c’è un baco, ma non un baco qualunque. L’unico in grado di produrre quel particolare continuo filo dipanato e’ il ‘bombice del gelso’ (Bombyx mori), bruco che si nutre principalmente di foglie di gelso bianco. Un bruco che diventerebbe farfalla (metamorfosi) se non gli fosse impedito prima.
Perché il valore della seta risiede nella continuità del bozzolo non dipanato, e dunque bisogna uccidere il baco. La cosa migliore è immergerlo nell’acqua bollente così che il bozzolo si ammorbidisca e non venga forato. È una cosa crudele la seta, a pensarci bene.
A quel punto, comunque si può cominciare a dipanare il filo, che può essere lungo da seicento a duemila metri; poi si tirano insieme i fili di vari bozzoli e si ottiene così il filo di seta grezza che sarà avvolto in rocchetti  o matasse.
Infine, passando attraverso diverse fasi di lavorazione, culminanti nella torcitura, che conferisce coesione e resistenza al filamento, la seta e’ pronta per la filatura.
Il mito attribuisce l’invenzione delle tecniche di allevamento dei bachi e di lavorazione della seta a Huangdi, l’Imperatore Giallo, il terzo dei mitici imperatori sacri che la tradizione cinese collocava all’origine della propria storia…
Si dice che la Cina preservo’ per secoli il segreto della sua produzione, difendendolo con pene severissime. Forse in parte è vero…”
(“La Via Della Seta”, Franco Cardini/Alessandro Vanoli – il Mulino)

Ma, probabilmente, quella della seta e’ storia millenaria.
La lavorazione di questo pregiato tessuto era conosciuta in Cina già nel 3000 a.C.
Le vesti di seta che erano riservate agli imperatori cinesi entrarono a far parte del guardaroba della classe sociale più ricca, diventando un bene di lusso ambito che si estese in tutte le aree, in tutti i paesi che i mercanti cinesi erano in grado di raggiungere.
Così nasce il mito della… misteriosa “Via della Seta”

Marco Polo e la “Via della Seta”
“Quando gli due fratelli e Marco giunsero alla gran città ov’era il Gran Cane, andarono al Mastro Palagio ov’egli era con molti baroni e, inginocchiandosi dinanzi da lui, cioè al Gran Cane, e molto si umigliarono a lui.
Egli li fece levare suso, e molto mostro’ grande allegrezza,
e domando’ loro chi era quel giovane ch’era con loro.
Disse messer Nicolò:
“Egli è vostro uomo e mio figliuolo”
Disse il Gran Cane:
“Egli sia il benvenuto e molto mi piace” “.
(“Il Milione di Marco Polo” – Vol. I, p. 6)

     Si deve a Marco Polo la diffusione della conoscenza della… misteriosa “Via della Seta.
Insieme al padre Niccolò e allo zio Matteo, appartenenti ad una famiglia benestante veneziana, viaggio’ a lungo in Asia, percorrendo i sentieri e le strade della Via della Seta, attraversando tutto il continente asiatico, fino a raggiungere il mitico “Catai” e ad essere accolto alla corte del “Gran Cane”.
Le cronache dell’avventuroso viaggio furono trascritte in ‘francese antico’ da Rustichello da Pisa durante il periodo di prigionia di Marco Polo nelle carceri di Genova, dove venne rinchiuso, dopo essere stato fatto prigioniero nella storica “Battaglia di Curzola” (Isola di Korcula, Dalmazia). Correva l’anno 1298, il giorno 8 del mese di Settembre – l’8 Settembre (!) -, quando la flotta della Serenissima Repubblica di San Marco venne sconfitta dalla flotta della Repubblica Marinara di Genova, comandata da Oberto Doria.
“Divisement dou Monde” (Devisement du Monde, divisa o moneta pagabile sulla terra), questo il titolo originario de’
“Il Milione”. Vera e propria enciclopedia che riunisce in un volume le conoscenze essenziali, geografiche, storiche, etnologiche, politiche, dell’Asia Medievale, sulla base delle informazioni disponibili alla fine del XIII secolo.
Dai suoi viaggi, Marco Polo, riporta a Venezia manufatti preziosi, ricchezza e, soprattutto, tessuti ‘nuovi’: sono tessuti pregiati, fatti con una fibra sconosciuta, della quale è ignota l’origine.
Tessuti che contribuiranno a creare la fortuna dei mercanti di Venezia, ma anche di Firenze, Genova e Lucca.

Bisanzio e la ‘seta’.
Ai tempi di Giustiniano,Bisanzio/Costantin opoli (Istambul,Turchia)
grazie alla sua strategica posizione geografica, dominava i traffici nel Mediterraneo. I bizantini erano interessati a stringere contatti e contratti commerciali con i paesi dell’Estremo Oriente, tra cui la Cina, dove veniva prodotta la seta.
Tra Bisanzio e i Cinesi intercorrevano proficui scambi commerciali.
Un grosso ostacolo ai traffici con l’Estremo Oriente era però rappresentato dalla Persia, dall’Impero partico, nemico giurato di Bisanzio.  Giustiniano cerco’ di ovviare a questo problema tentando di aprirsi un passaggio per la Cina passando più a Nord, attraverso la Crimea e costeggiando la riva settentrionale del Mar Caspio.
Altra via pensata da Giustiniano era quella a Sud, “Via mare”, passando per il Mar Rosso e l’Oceano Indiano.
Strategico snodo di questa seconda via divenne Petra (Giordania). Nota fin dall’antichità – oggi è un sito archeologico molto famoso e visitato – divenne la capitale dei Nabatei, antico popolo di commercianti dell’Arabia antica. Situata in un ‘bacino’tra le montagne ad Est del ‘Wadi Araba’, la grande ‘valle’ (wadi, uadi, valle) che si estende dal Mar Morto al Golfo di Aqaba nel Mar Rosso, si era sviluppata grazie al commercio delle spezie, essendo collocata sull’antica “Via dell’incenso” – resina ricavata da piante arbustive che crescevano nella Penisola Arabica meridionale, una merce preziosa per uso liturgico molto scambiata nell’antichità dalle genti yemenite -.
La “Via dell’incenso” era un antico tracciato carovaniero che partiva dallo Yemen, lungo la costa occidentale della Penisola Arabica, e a Petra si biforcava in una via Nord-occidentale che portava a Gaza, sul Mediterraneo, e in una via Nord-orientale, verso Damasco e Palmira (Siria).
La disponibilità d’acqua in un territorio desertico e la sicurezza, fecero di Petra un luogo preferito per la sosta, essendo dotato di ‘caravanserragli’ e alloggiamenti per viandanti.
Luogo strategico, all’incrocio di varie vie carovaniere che collegavano l’antico Egitto alla Siria (Palmira), all’Arabia del Sud e al Mare Arabico (Oceano Indiano). Vie carovaniere che garantivano il commercio di prodotti di lusso: incenso, spezie, seta…
L’importanza di Petra comincio’ a diminuire quando sul versante Occidentale i Romani spostarono il commercio di spezie, seta e profumi verso l’Egitto e il Porto mediterraneo di Alessandria;
mentre sul versante Orientale Palmira si assicurò tutti i commerci della Via della Seta dal Golfo Persico, nonché i traffici marittimi del Mar Rosso, traffici che non transitavano più da Petra.
La città fu completamente abbandonata verso l’VIII secolo, anche a seguito di calamità naturali che la colpirono a più riprese.
Palmira, chiamata anche la “Sposa del Deserto”, fu nell’antichità una delle più importanti città della Siria.
Fu per lungo tempo un vitale centro carovaniero, tanto da essere chiamata, per l’appunto, “Sposa del Deserto”; sosta obbligata per viaggiatori e mercanti che attraversavano il deserto siriano, seguendo una ‘cintura’, una ‘rete’ (Belt and Road) che collegava Roma e l’Occidente con la Mesopotamia, la Persia, fino all’India e… alla Cina.
Nel periodo di massimo splendore, tra il I e il II secolo d.C., ebbe notorietà sotto il governo della Regina Zenobia, che ne fece un regno indipendente dall’Impero Romano.
Oggi, Palmira, è un sito archeologico molto importante, assurta agli onori della cronaca per essere stata conquistata, con devastazioni, dai ribelli jihadisti del “Califfato Nero”.
Nel 552 d.C., l’Imperatore Giustiniano invio’ due monaci in Oriente con l’incarico di impadronirsi del segreto della ‘sericoltura’.
L’impresa riuscì perché i monaci riportarono a Bisanzio alcuni ‘bozzoli’, permettendo così il diffondersi dell’allevamento del ‘baco da seta’ e, conseguentemente dell’industria serica fin dal Medioevo, prima a Bisanzio, in Turchia, poi in Grecia, in Sicilia e, via, via, in Francia e nelle Fiandre.
La fioritura della produzione della seta nell’Impero bizantino fece si’ che la filatura e la tessitura del prezioso tessuto divenissero uno dei settori economici più importanti della Bisanzio Giustiniana.

La ‘seta’ in Italia 
Sebbene Roma imperiale conoscesse e apprezzasse la ‘seta’, la sericoltura, come si è scritto, ebbe inizio solo intorno al 550 d.C., attraverso l’Impero bizantino, o Impero Romano d’Oriente, cioè dopo che i monaci di Giustiniano portarono a Costantinopoli delle uova di baco da seta, nascoste nel cavo di alcune canne.
La Sicilia, con le città di Palermo e Messina, e Catanzaro fecero dell’Italia la maggiore produttrice di seta d’Europa, a partire dal
XIII secolo.
Dalla Sicilia, l’allevamento del baco e la lavorazione della seta si
sarebbero diffuse in altre parti d’Italia e, successivamente, d’Europa.  Industrie di filati serici fiorirono a Lucca e, in seguito, alla fine del XIII secolo, a Bologna.

“Certe macchine grandi, le quali mosse da un piccolo canaletto d’acqua di Reno, fanno ciascuna di loro con molta prestezza filare, torcere et adopiare quattro mila fili di seta, operando in un istante quel che farebbero quattro mila filatrici”
Così, le cronache del tempo (1621) descrivono il “mulino alla bolognese”.
Nel XIX secolo, l’Italia, con Cina e Giappone, e’ ai vertici della produzione mondiale di seta greggia.
Tra i centri di produzione della Penisola, primeggia anche San Leucio  (Caserta).  Si deve a Ferdinando IV di Borbone la realizzazione, nel 1780 circa, della “Real Colonia di San Leucio” dedita alla lavorazione della ‘seta’. Essa divenne il più vasto impianto esistente in Italia per la lavorazione delle sete e la produzione dei manufatti di seta.
– A chi andasse in visita alla mirabile “Reggia di Caserta”, si suggerisce di completare l’escursione inserendo l’interessantissimo Museo della Seta dell’antica “Real Colonia di San Leucio” -.

“Nel giro di pochi chilometri la strada scompariva lasciando il passo al deserto. Le acque delle piene provenienti dai ghiacciai del Kun Lun – sistema montuoso della zona meridionale dell’Asia centrale – avevano ignorato o strappato via i suoi ponti di fortuna e seppellito l’asfalto sotto le pietre. Di quanto in quanto le montagne emergevano confusamente dalla foschia a Sud, poi scomparivano, e noi venivamo sbatacchiati sulle cicatrici dei loro fiumi o serpeggiavamo sulla sabbia portata dal vento.
Il mio pullman era uno scheletro…  I suoi unici passeggeri erano contadini Uiguri che ballonzolavano in silenzio…
Non c’era nient’altro sulla strada. Cinquanta o sessanta chilometri più a Nord il nostro tragitto era segnato da vecchie città che erano morte nel deserto accanto a fiumi stagionali soffocati e laghi scomparsi.
Dal IV secolo d.C. il ritiro dei ghiacciai aveva trasformato i loro mercanti e agricoltori in seminomadi, finché era intervenuta la deforestazione e il deserto si era spostato a Sud.
Ben trecento insediamenti, si dice, giacciono sotto le sabbia del Taklamakan…”
(“Ombre sulla Via della Seta”, Colin Thubron)

     “Una cinquantina più a Sud, dove un tempo l’Oronte –
fiume che nasce sui Monti del Libano, ai confini con Siria e Turchia, poco distante da Afrin, città riportata, oggi, dalle cronache per l’attacco da parte dell’esercito turco alle milizie ribelli kurde, e che sfocia dopo Antiochia (Turchia) nel mar Mediterraneo, ndr –
conduceva le barche verso il mare, l’antico porto di Seleucia Pieria innalza un’acropoli in rovina sopra le onde.
Ora, la sabbia si stende deserta, e il Mediterraneo si apre sotto di me con un tuffo al cuore, in una distesa di tuono lucente…
Duemila anni fa i legionari di Tito e Vespasiano fecero scavare ai prigionieri raccolti durante la difficile campagna di Giudea un canale di millecinquecento metri che spaccava l’acropoli in una ripida gola per deviare le acque del fiume in modo che non inondassero il porto…
Il porto interno era stato interrato molto tempo fa, e mi sono ritrovato ad attraversare una depressione deserta di terra mista a limo: qui le grosse navi mercantili greche e siriache avevano attraccato con i loro carichi di vetro e metalli romani, ed erano salpate verso ovest con le sete cinesi…
Eppure i Romani non conoscevano la terra dalla quale veniva la seta. Da qualche parte lungo il mare più orientale, avevano sentito dire, il paese dei Seri (Cinesi) che sfuggiva all’influenza delle stelle ed era guidato solo dalle leggi dei suoi antenati. Marte non spinse mai il suo popolo alla guerra, ne’ Venere alla follia. Non avevano templi, prostitute, crimini o vittime…
Ma questa terra di Serica, per qualche incanto divino, era impossibile da raggiungere…”
(“Ombre sulla Via della Seta”, Colin Thubron)

“La strada che dalla Persia porta a Herat (Afghanistan) segue da presso le montagne fino all’incrocio con la strada di Kushk, e di qui comincia a scendere verso la città. Siamo arrivati in una notte buia, anche se c’erano le stelle. È sempre misterioso, questo tipo di notte in un paese sconosciuto…
La strada si è addentrata di colpo in una foresta di ciminiere giganti, i cui contorni neri cambiavano posizione sul cielo stellato al nostro passaggio. Sono rimasto sconcertato per un attimo, giacché una fabbrica era l’ultima cosa al mondo che mi aspettavo, finché è comparso, rimpicciolito da quegli alti fusti, il profilo di una cupola sbrecciata e venata in maniera curiosa, come la buccia di un melone. C’è al mondo, che si sappia, solo un’altra cupola come quella, la tomba di Tamerlano a Samarcanda. Dunque le ciminiere devono essere dei minareti…
Viene il mattino. Esco e mi sposto sul tetto adiacente all’albergo, da cui vedo sette colonne celesti che sorgono dai campi spogli e si stagliano contro le diafane montagne colore dell’erica. L’alba getta su ciascuna uno sprazzo d’oro pallido. In mezzo ad esse risplende un’azzurra cupola a forma di melone, con la sommità smozzicata.
Hanno una bellezza che va oltre l’elemento scenografico, legato alla luce e al paesaggio…
Perfino allo stato di rovina quest’architettura parla di un’età aurea. La storia l’ha forse dimenticata?”.
(“La Via per l’Oxiana”, Robert Byron)

“Durante il Novecento la Via della Seta divenne tante, troppe, cose diverse e ci vorrebbe un altro libro per narrarle.
Queste nostre pagine volevano occuparsi invece soprattutto del passato e delle nostre profonde, anche se attualissime, radici, poste in quel vasto mondo di scambi e traffici…
Il mondo è cambiato. Quello che stiamo vivendo non è più il secolo europeo, questo è sicuro. Come già era stato in precedenza, il senso di marcia si è nuovamente invertito: e dall’Asia, mercanti, avventurieri e conquistatori hanno ricominciato a percorrere la Via della Seta spingendosi questa volta verso Occidente…”
(“La Via Della Seta”, Franco Cardini/Alessandro Vanoli)

G.

Bibliografia essenziale:
– “Ombre sulla Via della Seta”, Colin Thubron – Ponte Alle Grazie srl-
– “La Via Della Seta”, Franco Cardini/Alessandro Vanoli – il Mulino –
– “La Via per l’Oxiana”, Robert Byron – Adelphi –
– “Strada Bianca per i Monti del Cielo”,MarioBiondi-PonteAlleGr azie
– “Il Milione”, Marco Polo

(clicca per leggere la prima parte della storia)