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mercoledì 21 febbraio 2018

La Nuova Via della Seta – parte 1

di Gianni Fabbri

     
Il N 1/2017 della Rivista mensile di geopolitica “LIMES”, dal titolo “CINA-USA La Sfida”, riserva buona parte dell’editoriale, a firma del suo Direttore Lucio Caracciolo, alla
“Nuova Via Della Seta” lanciata dal leader cinese Xi Jinping e alla strategia che la sottende.
Recentemente e’ stato inoltre pubblicato dalle Edizioni “Il Mulino” il libro “La Via Della Seta”, scritto a quattro mani dagli storici Franco Cardini e Alessandro Vanoli.
Emblematico questo testo se confrontato con l’articolo di “LIMES”, tanto più che gli autori nell’introduzione si chiedono:
“Cosa rimane dunque dell’antica Via Della Seta?
Molto in realtà. In fondo, dietro la patina romantica c’è il senso di una rete di collegamenti – oggi si chiamano ‘corridoi economici’, ndr – che quasi mai venne meno. (…)
Parliamo dell’antica Via Della Seta per raccontare e spiegare le tante nuove spinte economiche, politiche e culturali che ci circondano. Proprio per questo il libro si conclude con un veloce sguardo all’attualità, per mostrare ciò che oggi rappresenta tutto questo nei grandi progetti economici cinesi e nelle trasformazioni politiche del mondo asiatico…
Raccontare la storia di una ‘Via’ che da secoli spinge e trascina uomini, merci e conoscenze dall’estremità orientale dell’Asia sino al Mediterraneo (!) e all’Europa. Un percorso, una strada di cui noi, asiatici o europei, siamo sempre stati parte attiva. Un percorso su cui poggiano le nostre radici”.
Nell’ultimo capitolo del libro, dal titolo “Conclusioni: il viaggio ricomincia”, si legge (testualmente):
“In Cina la chiamano ‘yi dai yi lu’, letteralmente ‘una cintura una strada’ o nella traduzione inglese, ‘One Belt, One Road (OBOR) con cui è ormai nota a livello internazionale la ‘Nuova Via Della Seta’.
Si tratta di un’iniziativa strategica volta a ordinare e a migliorare i collegamenti e la cooperazione tra le differenti aree del macro continente euroasiatico. Un’iniziativa che tiene conto delle due grandi antiche ‘vie’ commerciali: direttrici terrestri della ‘zona economica della via della seta’ e ‘via della seta marittima’. (…)
Il piano governativo è stato presentato dal presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping tra settembre e ottobre 2013
secondo una precisa distinzione tra ‘Belt’ (‘zona’, ‘cintura’) dei collegamenti terrestri, denominata ‘Silk Road Economic Belt’ (SREB) e ‘Road’ (‘via’, ‘rotta’), dei collegamenti oceanici, denominata ‘Maritime Silk Road’ (MSR). Il supporto economico-finanziario alla gigantesca iniziativa sarà fornito dalla già attivata costituzione di una ‘Asian Infrastructure Investiment Bank’ (AIIB), dotata di un capitale di cento miliardi di dollari…”
Ma torniamo a “LIMES” e a Lucio Caracciolo che, nella sua analisi, evidenzia come il progetto OBOR (One Bel One Road=Una Cintura Una Via) lanciato da Xi Jinping nel 2013 altro non sia che una fitta rete di collegamenti terrestri e marittimi eurasiatici – i ‘corridoi economici’ -, rete estesa all’Africa, all’America Latina e potenzialmente al resto del mondo.
Questo progetto OBOR, o “Nuova Via Della Seta”, il Presidente cinese l’ha proposto quale ‘marchio’ della sua politica estera e, in pratica, propaganda a parte, e’ la risposta cinese alla “guerra commerciale” imposta dalla globalizzazione: un astuto mascheramento della geopolitica neoimperialistica di Pechino che cerca di conquistare spazio tra l’impero americano da una parte e l’impero russo dall’altra.
Il progetto è stato appena ribattezzato BRI (Belt and Road Initiative) e coinvolge già quaranta paesi, mentre altre decine sarebbero in ‘lista d’attesa’ (foto della carta a colori dei ‘Corridoi Economici’ delle Nuove Vie Della Seta).
Nel maggio 2017 tutti i paesi coinvolti nella BRI sono stati convocati a Pechino, dove Xi Jinping ha celebrato in pompa magna il rito propiziatorio dell’impresa comune: la consacrazione ufficiale della NUOVA VIA DELLA SETA.
Nelle mire del leader cinese, in una prospettiva di lungo periodo, questa strategia esprime l’anelito a una globalizzazione col “marchio Cina”, destinata a soppiantare quella americana e quella nascente di Putin. Una vera e propria “guerra commerciale” supportata dal dovuto accompagnamento propagandistico a sostegno del “brand cinese”, per allargare e radicare la sua sfera di influenza.
La BRI e’ la contromossa di Pechino in risposta al tentativo di qualche anno fa dell’America di Obama di costruire una cintura di contenimento in Asia anti-cinese imperniata sugli USA, ‘cintura’ estesa dall’India al Giappone e all’Australia, includendo Vietnam, Corea del Sud, Filippine più altri “amici e alleati”.
Per Xi Jinping la BRI e’: “una strategia di protezione contro la mossa americana verso Est, verso l’estremo Oriente”
La BRI ha anche un obiettivo ‘domestico’: serve a sviluppare e a stabilizzare la regione dello Xinjiang tormentata dalle tensioni del terrorismo del popolo Uiguro (una etnia turcofona di religione islamica), nonché sviluppare altre province arretrate.
Ma questa azione a largo raggio sotto l’etichetta della “Nuova Via Della Seta”, sostenuta da enormi investimenti di medio-lungo periodo ipotizzati nell’ordine del trilione (tre miliardi di miliardi) di dollari entro il 2020, a come ‘mission’ l’ascesa della Repubblica Popolare nella gerarchia globale del potere…
“inserire nel circuito globale dominato dall’impero americano da una parte (a Ovest) e dall’impero russo dall’altra (verso Est), l’Impero del Centro, in gestazione, e che dovrebbe gradualmente diventare la ‘colla’ per tenere insieme l’economia globale”.
Questa è la ‘mission’, per ammissione degli stessi dirigenti cinesi.
A sostegno dell’enorme sforzo economico-finanziario che la BRI comporta le autorità cinesi hanno varato delle nuove istituzioni finanziarie in cui la Cina e’ destinata a giocare un ruolo centrale.
Si tratta dell’Asia Investment Infrastructure Bank (AIIB), varata da Pechino con altri 56 paesi, senza gli USA, ma con i loro principali alleati, compresi gli europei.
Mentre la Asian Development Bank (AiB), di marca americana, vede i cinesi come ‘terzi finanziatori’.
Per cui Pechino… gioca su tutti i tavoli (!), anche sulle tradizionali istituzioni finanziarie dominate dagli occidentali, come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale.
I ‘corridoi economici’ euroasiatici destinati a connettere la Cina all’Europa, alcuni dei quali attivi da anni e “riverniciati” con i colori della nuova iniziativa, Belt and Road Initiative, sono ostentati quali
“Nuove Vie Della Seta”.
Ad evocare le carovane che sin dai tempi delle antiche dinastie cinesi – i tempi di Marco Polo, per intenderci – solcavano le steppe euroasiatiche e’ stata reintrodotta questa mitica definizione… nome romantico, partorito non da una mente cinese – non appartiene alla cultura cinese! – ma inventato in Europa, e in tempi piuttosto recenti per giunta. Più precisamente, fu il viaggiatore tedesco Ferdinand von Richthofen – lo zio del mitico “Barone Rosso”, eroe dell’aviazione tedesca nella Prima Guerra Mondiale – a coniare il nome
“Seidenstrasse” (Via, o strada della Seta).
Il riferimento alla via della seta e’ puramente estetico-evocativo.
Propaganda! Contrariamente al mito, alla leggenda, non esisteva una ‘Via’ vera e propria, ma tanti sentieri, cammini, rotte, percorsi da carovane che partivano da Xi’an, nello Xinjiang, la parte più esterna dell’antica Cina, e avevano come perno occidentale del percorso Samarcanda, all’estremità orientale dell’allora Impero Persiano.
Non una via, quindi, ma un insieme di sentieri, di percorsi non disegnati su alcuna mappa e “vaganti”, tra aree impervie, deserti, montagne, con passaggi – come il mitico “Passo Karakorum” – sui 5.500 metri di altitudine.
Inoltre, la ‘seta’ non era la merce più diffusa dei commerci, semmai spezie, pellami, tappeti, vetro, carta e cloruro d’ammonio: sale,
sale cristallino bianco, usato per corrodere e lavorare metalli e per trattare il cuoio.
Questi percorsi, importanti per i traffici e il commercio tra i paesi del Mediterraneo e l’Estremo Oriente, furono anche il tramite di culture, religioni e civiltà.
Non c’è al mondo progetto comparabile alle “Nuove Vie Della Seta”, ai nuovi ‘corridoi economici’. Ci vorranno anni per capire se tanto impegno porterà alla Cina i frutti sperati.
La BRI soffre di ‘gigantismo’, nonostante il basso profilo che i Cinesi cercano di tenere per il loro… “Impero del Centro”, in gestazione. In gestazione, perché, nell’immediato, non può contare su una propria sfera d’influenza regionale. Non ha alleati sicuri, e quelli di cui formalmente disporrebbe, dalla Corea del Nord al Pakistan, costituiscono più dei problemi che delle risorse.
Anche il recente avvicinamento alla Russia di Putin rientrerebbe in questo disegno, ma ancora non poggia su una vera e solida strategia comune, piuttosto sulla reciproca… manipolazione tattica.
Tutti gli altri vicini non sono sicuri o coltivano l’ambiguità.
Il Giappone resta un ‘nemico storico’. L’India va per conto suo… a ruota libera (!). Tutti gli altri, sfruttano gli spazi offerti dalla competizione Cina-USA, oppure non godono al loro interno di stabilità politico-istituzionale, per cui non sono affidabili.
Il gigantismo di cui soffre la BRI dipende anche dal gigantismo del sistema economico-produttivo cinese. Valga su tutti un esempio:
“E’ piuttosto irrealistico immaginare che i fondi stanziati per le nuove infrastrutture possano assorbire l’eccesso di produzione delle industrie pesanti cinesi. Ad esempio, per quanti porti, ferrovie e autostrade la Cina costruisca all’estero, non si vede come possa smaltire gli oltre 300 milioni di tonnellate di acciaio sfornati annualmente che non trovano impiego domestico”
(Da “LIMES”)
La Cina sa di essere un gigante vulnerabile. Per ammissione dei suoi stessi dirigenti, le quattro ‘patologie’ dell’economia nazionale sono: “instabilità, squilibrio, scoordinamento, insostenibilità ambientale”
In particolare, la ‘sovrapproduzione’ e’ un problema acuto e anche l’agricoltura, punto di forza dell’economia tradizionale, mostra segni di debolezza e difficoltà.
“I compiti che il nostro partito deve affrontare quanto a riforme, sviluppo e stabilità sono più onerosi che mai, così come non sono mai stati tanto numerosi i conflitti, i pericoli e le sfide”
(Da “LIMES”)
Non va inoltre trascurato il fatto che i ‘corridoi BRI’ presentano difficoltà legate ai loro stessi tracciati, che incontrano spazi impervi sia sotto il profilo geofisico che sul piano della sicurezza.
Prendendo in esame la mappa dei ‘corridoi economici’ delle “Nuove Vie Della Seta”, ad esempio, si può osservare come il ‘corridoio economico’ indicato col N 5 “Cina-Pakistan”, imperniato sul Porto Pakistano di Gwadar (poco più a Nord di Karachi), porto che si affaccia sul Mare Arabico (Oceano Indiano), e’ il corridoio con cui Pechino intende ‘aggirare’, o meglio evitare, la rotta marittima attraverso lo Stretto di Malacca, riducendo di oltre 10.000 Km. la sua distanza dagli strategici giacimenti di idrocarburi della regione del Golfo e del Mar Caspio.
– Idrocarburi che dal Mar Caspio e dal Golfo imbarcati su petroliere cinesi, dopo un relativamente breve tratto nel Mare Arabico, vengono sbarcati nel Porto di Gwadar e di lì raggiungono la Cina, via terra, attraverso appunto il ‘corridoio economico N 5’ –
Orbene, in termini di sicurezza, i territori intorno a Gwadar pullulano di Ribelli Baluci, islamisti (etnia del Belucistan che vorrebbe la separazione dal Pakistan), ribelli che prendono di mira anche i Cinesi, accusandoli di essere alleati dei Pakistani.
Il ‘corridoio economico’ indicato col N 4 “New Asia-Europe Land Bridge” (Nuovo Ponte Terrestre Euroasiatico) che in prossimità delle catene montuose del Pamir e dell’Himalaya-Karakorum si biforca nel ‘corridoio economico’ N 2 “New Asia-Europe Land Bridge” (praticamente la continuazione del N 4) e nel ‘corridoio economico’ N 3 “Cina-Medio Oriente-Sudovest Asiatico”,
comprende una imponente rete di strade di alta montagna, con conseguenti problemi durante i mesi invernali:
– “Passo Lanak”, con i suoi 4.755 metri di altitudine;
– “Passo Karakorum”, con i suoi 5.540 metri di altitudine;
– “Passo Khunjerab”, con i suoi 4.693 metri di altitudine;
– “Hingteke Pass”, con i suoi 4.709 metri di altitudine.
A questa rete di strade, si affiancano condotte energetiche – pipeline/ gasdotti -, ferrovie, che attraversano o sfiorano territori instabili a ridosso di Afghanistan e Kashmir, dove terrorismo e guerriglia la fanno da padroni.
L’unico ‘corridoio economico’ apparentemente senza problemi sembra essere il N 1 “Cina-Mongolia-Russia”, che implica il consolidamento delle relazioni politico-diplomatiche tra la Cina di Xi Jinping e la Russia di Putin (!).
Quanto agli sbocchi europei della “Nuova Via Della Seta”, Pechino vi persegue un doppio obiettivo. Da una parte concentra gli investimenti nei paesi che fungono da raccordo fra Cina e Germania, considerata l’interlocutore europeo privilegiato, paesi che si trovano nelle periferie nord-orientali e in quelle sud-orientali della UE (Finlandia, Bielorussia, Romania, Bulgaria…); dall’altra mira a infiltrarsi negli spazi lasciati incustoditi dal “plateale” disimpegno dell’America di Trump con la sua politica “America first”.
La conseguente competizione fra porti e interporti europei per fruire degli investimenti cinesi evidenzia il grave, forse incolmabile ritardo accumulato dall’Italia.
Nonostante la sua collocazione strategica nel Mediterraneo – e la sua storia passata, quando Roma, prima, e poi le Repubbliche Marinare di Venezia e Genova dominavano il “Mare Nostrum” – l’Italia da decenni non ha più una seria politica cantieristica, portuale e una politica marittima integrata in sintonia con le direttive UE.
Come, d’altronde, non ha più una politica industriale degna di essere definita tale e in linea con le ambizioni da potenza economica, quale si picca di essere. Le due carenze si intrecciano e si alimentano a vicenda (!).
Lo “Stivale”, con i suoi porti di Brindisi, Taranto, Gioia Tauro, affacciati sul Mediterraneo, sarebbe il primo, ideale, “terminale” per ogni carico da e per la Cina e l’Estremo Oriente attraverso lo Stretto di Suez. Ma al Sud latitano infrastrutture portuali, interportuali, e retroportuali; mancano investimenti adeguati e, soprattutto, sensibilità politica ed efficienza amministrativa.
Sicche’ la COSCO (Container Lines South East Asia), gigante cinese dello ‘shipping’ ha scelto come “terminale” nel Mediterraneo il Porto del Pireo di Atene (Grecia), di cui ha acquisito la maggioranza dell’ “handling” (gestione portuale).
Di conseguenza l’ultima ‘mappa delle vie marittime BRI’ pubblicata dai Cinesi aggira l’Italia, omettendo Venezia e Trieste, che nella precedente cartografia spiccavano come ‘perni europei’ delle rotte intercontinentali.
Ma… Un serpentone di metallo lungo 420 metri, carico di container pieni di piastrelle, componenti auto, mobili e macchinari e’ partito alle 11 precise – al fischio del capotreno – di Martedì 28 Novembre 2017, dal Polo logistico di Mortara, tra le risaie della Lomellina, con destinazione Chengdu, Cina. Il convoglio N 80174-34 impiegherà 18 giorni a percorrere la lunghezza di 10.800 Km. di questo ‘corridoio economico’ terrestre, inaugurando il servizio merci di linea su rotaia tra Italia e Cina. È il treno che apre la nuova
“(ferro)via della seta”
“Mi sento un po’ Marco Polo” e’ stato il commento del cinese Shijiu Bo, presidente della “Changjiu Logistic”, regista dell’operazione.
“Partiamo con un viaggio alla settimana, presto raddoppieremo a due” assicura, di rimando, Aldo Poli, Presidente di Fondazione Banca Monte di Lombardia, primo socio del Polo di Mortara, ‘partnership’ dei Cinesi.
Enfasi a parte, gli obiettivi non sono nemmeno troppo ambiziosi se si tiene conto che il trasporto merci da Pechino al Vecchio Continente sui ‘corridoi terrestri’ e’ quintuplicato dal 2013, rubando migliaia di tonnellate alle stive delle navi e ai cargo aerei.
“Abbiamo dovuto dribblare il gelo sui tratti in quota, le aree ad alta instabilità politica, i passi alpini con gradienti di salita troppo elevati per carichi così pesanti… In Russia, Bielorussia e Kazakistan lo scartamento delle rotaie e’ diverso da quello delle ferrovie UE… ” “Ma il viaggio del treno 80174-34 si spezzerà in tre…”
Dicono orgogliosi, a due voci, Gang Chen e Morante, corresponsabili della spedizione.
La… lunga marcia della nuova Via della Seta – oliata via mare, terra e aria dai miliardi messi a disposizione dallo Stato cinese – non si ferma davanti a nulla.
Mortara e’ la tredicesima destinazione europea su strada ferrata.
È stata scelta per la posizione strategica all’incrocio tra il ‘corridoio Genova-Kiev’ e il ‘corridoio Genova-Rotterdam’.
“Se l’Italia farà ‘sistema’ ci sono grandi opportunità di crescita
– garantisce il Presidente del Polo Andrea Astolfi – anche perché la Cina ha appena ridotto i dazi doganali – al contrario dell’America di Trump, ndr -… I container porteranno in Oriente farmaci, arredamento, vino, birra, abiti delle griffe, chimica, componentistica auto, macchinari… Al ritorno saranno riempiti di PC, IPad, usciti dagli stabilimenti Foxconn, piante, prodotti per la casa, oggetti di cuoio… Trasportiamo merci e cultura come i cammelli di Marco Polo sull’antica Via Della Seta… “
(Da “La Repubblica” di Mercoledì 29 Novembre 2017)
E la Cina, vista oggi da Mortara, sembra davvero più vicina.
G. (Prima Parte)
Bibliografia essenziale:
“La Via Della Seta”, Franco Cardini & Alessandro Vanoli – Il Mulino
“LIMES” – Rivista Italiana di Geopolitica – 1/2017 – Mensile