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venerdì 15 dicembre 2017

La “nuova” geopolitica del Medio Oriente e dei paesi dell’Africa mediterranea

www.caposaldo.org
di Gianni Fabbri
Dopo la sconfitta sul campo dell’ISIS, con la caduta delle sue roccaforti Mosul e Kobane, due sono gli eventi che stanno letteralmente stravolgendo gli “instabili” equilibri dell’intera area Sud-Orientale.
Da una parte, la decisione del Presidente americano Donald Trump di spostare l’Ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendo di fatto la Città Santa come unica capitale dello Stato di Israele.
Dall’altra, il recente viaggio “diplomatico” del Presidente russo Vladimir Putin in alcune capitali “chiave” dello scacchiere mediterraneo.
Partiamo da quest’ultimo che ha lo scopo, più o meno dichiarato, di ridisegnare la mappa degli equilibri e degli schieramenti nei conflitti in atto in Medio Oriente e nei vicini Paesi del Mediterraneo.
“Il giorno in cui Putin divento’ lo zar del Medio Oriente”
Così, titola il Quotidiano “La Repubblica” di Martedì 12 Dicembre 2017.
“Abbiamo sconfitto l’ISIS”
Dichiara Putin mentre annuncia, al fianco di Bashar al-Assad, il parziale disimpegno russo dalla Siria.
“Abbiamo dimostrato la grandezza del nostro esercito e della nostra marina. Abbiamo aiutato il popolo siriano a preservare la sua indipendenza. Abbiamo sconfitto l’ISIS”
Ha esattamente detto Putin alla presenza del Presidente siriano mentre erano in visita alla base aerea russa di Hmeimin, nei pressi di Latakia (Siria), base da dove nel settembre 2015 e’ iniziata la “riscossa” dell’esercito siriano, appoggiato dai Russi, contro l’ISIS.
Base che, peraltro, la Russia si è assicurata anche per il prossimo futuro. Così pure per la base navale di Tartus.
La Russia torna superpotenza in Medio Oriente e nel Mediterraneo. Vladimir Putin non lo rivendica a parole, ma con un
“Tour diplomatico” studiato ad arte. Le tappe: Siria, Egitto e Turchia, in un solo giorno, a dimostrare l’ampiezza e la varietà di alleanze nella Regione, varietà destinata a ridisegnare la “nuova”
– nuova, ma non definitiva (!) – geopolitica.
E questo, con una tempistica eccezionale: una risposta alla decisione unilaterale di “The Donald” di riconoscere Gerusalemme capitale d’Israele; decisione avversata da tutto il mondo arabo e musulmano, compresa l’Arabia Saudita, da sempre fedele alleata degli USA. Avversata dall’ONU e anche da tutti gli Stati della Unione Europea.
Il tutto, proprio alla vigilia della Conferenza dell’Organizzazione dei Paesi Islamici che sta per aprirsi a Istambul.
– Un’altra delle ragioni per cui Putin e’ volato da Erdogan (!) –
Con la sua lealtà ad ogni costo ad Assad – pur sempre Presidente legittimo della Siria, Paese “strategico” all’interno del Pianeta Islam – Putin ha marcato una distinzione evidente tra se’ e gli USA, guadagnandosi il rispetto di tradizionali alleati americani nella Regione: Egitto, Turchia.
Nella sua seconda tappa del tour, con l’egiziano Abded Fatah Al Sisi, ha firmato un accordo per la prima centrale nucleare egiziana a Dabaa. Per l’uso da parte dei Russi delle basi aeree egiziane, e per una consistente fornitura di armi (!).
Anche in Turchia Putin e’ stato abile a ribaltare a suo favore con intelligente pragmatismo la crisi diplomatica che era seguita all’abbattimento del jet russo da parte dell’aviazione turca, nel novembre del 2015, nei cieli al confine tra Siria e Turchia.
L’incontro che martedì 12, a conclusione del tour, ha avuto con Erdogan e’ stato il settimo di una serie di “faccia a faccia” intercorsi nell’anno. Durante l’incontro, Putin, ha ribadito la sua posizione sulla mossa di Trump in Israele; una decisione che, come ha dichiarato,
“Non aiuta la risoluzione del conflitto, semmai destabilizza i complessi equilibri”
– come testimoniano l’Intifada subito dichiarata da Hamas nella Striscia di Gaza e gli scontri che si stanno susseguendo nelle principali città arabe –
“Lo status di Gerusalemme – ha continuato Putin – può essere concordato solo grazie a colloqui diretti tra Palestinesi e Israeliani in linea con le risoluzioni ONU”
In tal senso, si è dichiarato disponibile a lavorare per la ripresa dei colloqui di pace tra le due parti in causa.
Ancora una volta Putin fa leva sul disimpegno e sugli errori di Washington – disimpegno della politica di Obama, prima, errori da parte dell’incontenibile intemperanza di Donald Trump, poi –
per ergersi come unico mediatore credibile nell’area mediterranea.
E questo proprio alla vigilia dell’apertura dei lavori della Conferenza dell’Organizzazione dei Paesi Islamici, a Istambul (60 tra capi di stato e di governo, tra cui l’iraniano Rouhani, la terza gamba del “Gruppo di contatto” in Siria).
Putin sa bene che l’instabilità del Medio Oriente e del Pianeta Islam vuol dire instabilità ai suoi confini, instabilità in alcuni paesi “satelliti” – vedi Cecenia, Azerbaigian, Turkmenistan… che sono musulmani – E’ il… “vicino di tutti”, e sfrutta questo vicinato per dialogare con interlocutori diversi tra loro, anche con gli “storici” alleati USA, come l’Arabia Saudita del nuovo sovrano Mohammed Bin Salman (Wahhabbismo/Sunnita), come la Turchia di Erdogan (Sunnita), inoltre l’Iran (Sciita), il Qatar e i Paesi del Golfo ( a maggioranza Sunnita, ma con una forte presenza Sciita).
In questo teatro, con la consueta spregiudicatezza, combinata con l’astuzia diplomatica del suo Ministro degli Esteri, il fedelissimo Lavrov, Putin si è lentamente e instancabilmente ritagliato il ruolo di… “grande burattinaio”. E, oggi, tiene i fili che muovono i personaggi chiave della nuova geopolitica.
Da non trascurare, infine, che Putin ha ottimi rapporti anche con Bibi Netanyahu, il leader israeliano, con il quale si è incontrato ben quattro volte negli ultimi sedici mesi.
Inoltre, il nuovo Re saudita, Bin Salman, e’ volato a Mosca, nell’ottobre scorso, per discutere… “la gestione del prezzo del petrolio” (!).
La posizione della Russia, in questa fase estremamente delicata e pericolosa, può diventare l’ago della bilancia dello scenario Medio Orientale e del Mediterraneo.
Se il leader cinese Xi Jinping tesse la tela della sua BRI (Belt and Road Iniziative), la nuova “Via della Seta”, che vuole collegare Pechino al Mediterraneo
– la Cina e’ già riuscita ad assicurarsi buona parte della Handling (gestione) dello strategico Porto del Pireo, di Atene, nel Mediterraneo –
il “Grande Maestro” del Cremlino ha messo una grossa ipoteca sull’intricato scacchiere Medio Orientale e dell’Africa mediterranea.
Ma vediamo, in breve sintesi, qual’e’ la mappa della “nuova” geopolitica dell’area.
* Gli alleati “storici” e attuali di Mosca
– Iran: Guida Sciita in Medio Oriente e nemico numero uno di Israele
e dell’America di Trump
– Siria: Alleato di Teheran, Assad ha ribaltato le sorti della lunga (più
di cinque anni) guerra civile grazie a Putin e al sostegno russo
– Libano: Hezbollah, le milizie sciite del “Partito di Dio”, si sono
rafforzate dopo la vittoria sul campo in Siria
– Turchia: Erdogan (Sunnita), ha recentemente attaccato Israele e ha
riallacciato seriamente i rapporti con Putin e Russia
– testimonianza di ciò è che i lavori per il “South Stream”, il nuovo
gasdotto che dovrebbe connettere direttamente Russia (e il gas del Mar Caspio) e Unione Europea, il cui progetto prevede l’attraversamento delle acque territoriali turche nel Mar Nero, che erano stati sospesi durante la crisi diplomatica del novembre 2015, sono ripresi –
* Il blocco USA/Israele
– Israele: l’Iran e’ sempre più il pericolo numero uno, l’Arabia Saudita
un nuovo potenziale alleato (salvo gli ultimissimi sviluppi che scaturiranno dalla Conferenza straordinaria su Gerusalemme Capitale indetta dall’Organizzazione dei Paesi Islamici i cui lavori si aprono oggi a Istambul), Trump e gli USA sostengono Netanyahu
– Arabia Saudita: Ha rafforzato l’alleanza con gli Stati Uniti di Trump
(firmando recentemente un contratto per una fornitura di armi di
svariati miliardi di dollari) e si è recentemente avvicinato a Israele in chiave anti-Iran
– Paesi del Golfo (Kuwait, Bahrein, Emirati Arabi): Guida Sunnita,
sono principalmente tutti alleati dell’Arabia Saudita
* Gli altri Paesi dell’area
– Iraq: Paese sostanzialmente spaccato in tre, tra Sciiti, Sunniti e
Curdi, la cui instabilità e’ destinata a durare a lungo
– Egitto: Insieme alla Giordania era il principale alleato degli USA tra
i Paesi Arabi (dopo i Sauditi) e anche “amico” di Israele. Putin però sta corteggiando il Cairo
– Yemen: Da anni c’è una devastante guerra civile “per procura” tra
Sunniti ( sostenuti dai Sauditi) e i ribelli Houti (Sciiti, protetti dall’Iran)
– Qatar: Paese Sunnita, ha tentato una mediazione in Palestina,
inviso ai Sauditi che lo hanno isolato dagli altri Paesi del Golfo
– Libia (last but not least!): Paese spaccato in due dopo la guerra
civile, la Russia sostiene Kalifa Haftar che controlla buona parte dell’Est del Paese e della Cirenaica, Italia, UE e ONU sostengono il
“Governo di Unità Nazionale” di al-Serraj, insediato a Tripoli e nella Tripolitania. Il Paese è tutt’ora dilaniato da scontri tra bande ribelli di jihadisti che controllano anche il traffico dei migranti.
G.